C’è una tradizione tipicamente veneta che si è diffusa a macchia d’olio nel mondo, tanto da diventare fondamentale nella gestione dei rapporti sociali: di cosa si tratta e qual è la sua storia.
Tutte le epoche sono contraddistinte da mode più o meno passeggere, abitudini che diventano peculiari per una generazione o per tutta una comunità e che, a volte, hanno un successo tale da guadagnare l’attenzione di tutto il mondo. Oggi tali fenomeni sono più frequenti per via della facilità e rapidità di diffusione, ma allo stesso tempo più fugaci perché sostituite da qualcosa di nuovo.
Vi ricordate ad esempio la moda dei Selfie? Quando questa abitudine si è diffusa sembrava qualcosa di irrinunciabile, con milioni di persone in tutto il mondo pronte a scattare foto isolate o in gruppo con una posizione innaturale di braccia e mano e una prospettiva che rendeva sfocato e poco gratificante lo scatto.
In quel periodo anche l’industria commerciale si è adeguata alla moda, producendo bastoni per selfie comodi e più a fuoco e aggiungendo la fotocamera anteriore negli smartphone. Poi per fortuna c’è chi ha pensato bene di mettere l’autoscatto a tempo per permettere a tutti di mettersi in posa e fare foto migliori ed ecco che l’eccesso di autoscatti mal riusciti è andato via via scemando.
Le mode comportamentali, però, a volte diventano vere e proprie tradizioni che si radicano all’interno di una comunità e che possono anche diventare apprezzate in tutto il mondo. Questo è il caso di un modo di dire tipico del veneto che è poi diventato tipico dell’Italia e successivamente famoso e usato in tutto il mondo: salutarsi dicendo “Ciao”.
L’origine della parola “Ciao”, come quella di tantissime parole ancora in uso in Italia, è latina, si tratta infatti della traduzione in volgare veneto della parola “Sclavum”, divenuta con il passare dei secoli prima “S’ciavo” e successivamente “S’ciao” per poi assumere la forma definitiva che tutti conosciamo e utilizziamo come forma di saluto cordiale e amichevole, solitamente rivolto a persone con cui abbiamo confidenza, coetanei o più giovani di noi.
Si tratta oggi di un saluto informale, ma ciò che viene da chiedersi è come mai la parola “Sclavum” la cui traduzione letterale è “Schiavo” sia diventata una forma di saluto amichevole. Tutto ha avuto inizio proprio in Veneto, intorno al 1700, quando le persone di quell’epoca utilizzavano l’espressione “Sono vostro schiavo” come segno di reverenza formale, di gratitudine per qualcosa, ma anche come espressione di affetto e disponibilità nei confronti di un amato o di un amico.
La prima traccia scritta di questa espressione la si trova nelle commedie di Goldoni (grande scrittore veneziano), ma successivamente, intorno al 1800, in corrispondenze epistolari tra persone nobili, in tutto il Nord Italia, dal Veneto sino alla Toscana. Sul finire del XIX secolo la formula “Sono vostro schiavo” era ormai abbreviata in “S’ciavo” nel Veneto e in “S’ciao” tra la Lombardia e la Toscana.
La versione lombarda, adattamento di quella veneta, è quella da cui oggi deriva il termine che si utilizza per salutare in maniera amichevole in tutta Italia e conosciuta e utilizzata anche nel resto del mondo.
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