La pensione a 67 anni per molti diventerà un ricordo grazie ad una bella novità introdotta con la manovra di Bilancio 2025: da quest’anno sarà facilissimo accedere alla pensione in anticipo anche con pochi anni di contributi.
Nonostante l’età per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria sia ancora pari a 67 anni, i modi per uscire con qualche anno di anticipo dal lavoro sicuramente non mancano. Il Governo di Giorgia Meloni, infatti, con l’ultima manovra di Bilancio ha riconfermato tutte le opzioni di pensione anticipata.
Il problema però, nel caso delle pensioni anticipate, sono i contributi che, di solito devono essere moltissimi: almeno 30 nel caso di Ape sociale, non meno di 35 per Opzione Donna, addirittura 41 per Quota 41 e per Quota 103 e si superano persino i 42 anni di contribuzione per poter fruire della pensione anticipata ordinaria.
Queste misure, a conti fatti, si rivolgono solo a chi ha iniziato a lavorare a 20 anni o poco più altrimenti il vantaggio anagrafico svanisce: se una persona avesse iniziato, supponiamo, a lavorare anche solo a 25 anni, non potrebbe accedere alla pensione prima dei 66 con Quota 103. Ben poco cambierebbe, dunque, rispetto alla pensione ordinaria.
Il Governo di Giorgia Meloni, però, con la nuova legge di Bilancio ha introdotto una novità che a molti ancora non è chiara: la possibilità di andare in pensione in anticipo anche se gli anni di contributi sono pochi. Nel prossimo paragrafo vediamo come funziona questa misura e chi può beneficiarne.
Accedere alla pensione a 67 anni alla maggior parte dei lavori sembra eccessivo: è un’età pensionabile spostata troppo in avanti che non consente di godere appieno del proprio tempo e della propria famiglia. C’è un modo per accorciare i tempi anche se non si hanno 40 anni o più di contributi? Sì, c’è e da quest’anno questa strada è molto più accessibile.
Coloro che hanno iniziato a lavorare e, dunque, a versare i contributi, a partire dal 1996 in avanti sono chiamati “lavoratori contributivi puri” in quanto hanno iniziato a lavorare quando le pensioni venivano già calcolate con il sistema contributivo e, di conseguenza, quando smetteranno di lavorare il loro assegno sarà interamente calcolato con tale sistema.
Siccome il sistema contributivo, rispetto a quello misto, pesa molto meno sulle casse dell’Inps, i lavoratori contributivi puri possono godere di un piccolo vantaggio rispetto agli altri: possono andare in pensione a soli 64 anni anziché a 67 sempre con appena 20 anni di contributi. Vista così questa misura sembrerebbe super vantaggiosa. Il punto è che, per poter sfruttare questo sconto sull’età, bisogna aver maturato una pensione piuttosto alta. Infatti l’assegno deve corrispondere almeno a:
Se si pensa che l’assegno sociale, nel 2025, corrisponde a 538,69 euro, va da sé che non è facile raggiungere questi importi in soli 20 anni di carriera. Per facilitare l’uscita anticipata dei lavoratori contributivi puri allora il Governo Meloni da quest’anno ha introdotto la possibilità di avvalersi anche della propria pensione integrativa privata al fine di raggiungere suddette soglie.
In questo modo sarà più facile raggiungere gli importi e andare in pensione a 64 anni invece che a 67 anni. Il requisito contributivo, in questo caso, si alza un po’ e passa da 20 a 25 anni di contributi: sempre molti meno rispetto ai 42 anni e 10 mesi richiesti dalla pensione anticipata ordinaria o dai 41 di Quota 103 o dei 30 di Ape sociale.
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